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LA MEMORIA |
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La memoria Eccidio di Cefalonia Patria senza Stato Arrendersi o combattere Processo Störk Filmati storici |
Eccidio di Cefalonia La 33ª Divisione Acqui è stata una delle Grandi Unità del Regio Esercito nella seconda guerra mondiale, dissolta dalle forze armate tedesche durante l'eccidio di Cefalonia. Costituita come Brigata Acqui il 25 ottobre 1831, sciolta e ricostituita più volte, si ricostituisce nell'agosto 1939 come Divisione di Fanteria Acqui (33ª). Era articolata nel 1943 su due Reggimenti di Fanteria (17º e 317º) e sul 33º Reggimento art. stanziati a Cefalonia e sul 18º Rgt di fanteria e parte del 33º Rgt art. dislocati a Corfù. Nel 1940 fu inserita nell'organico la 18ª Legione d'assalto Camicie Nere cui fece seguito nel 1941 anche il 317º Reggimento Fanteria. Dopo l'armistizio di Cassibile, in seguito alla dissoluzione delle forze armate lasciate senza ordini dal re Vittorio Emanuele III nella sua fuga verso il Sud Italia in mano agli Alleati, a differenza della maggioranza delle altre grandi unità che, complice la situazione geografica e la vaghezza degli ordini, si arresero ai tedeschi, la Acqui decise di resistere. Stessa scelta compì il 18º reggimento in Corfù, con ancora maggiore prontezza del comando di divisione e del presidio di Cefalonia. I tedeschi, per i quali comunque Cefalonia e Corfù avevano una rilevante importanza strategica, poiché controllano l'accesso al golfo di Corinto, decisero di prendere con la forza il controllo dell'isola dopo aver inviato un ultimatum al comando italiano, ed accompagnando questo ultimatum con varie azioni belliche, come il disarmo di reparti e batterie isolati e la presa di prigionieri italiani. Dapprima venne cercato un possibile accordo, che prevedesse il rimpatrio della divisione, ma ciò non rientrava nelle eventualità previste dai tedeschi. Nel momento in cui i tedeschi cercarono di occupare militarmente l'isola, vi fu una reazione armata da parte italiana, e le ostilità iniziarono su larga scala. Cefalonia, Argostoli, piazza Valianos. Messa al campo delle truppe italiane. Sullo sfondo, a sinistra, il palazzo del Tribunale, sede del presidio militare italiano. Archivio Renzo Apollonio.
L'unico a rispondere fu l'ammiraglio Giovanni Galati, comandante la piazza di Brindisi che dispose l'invio di due torpediniere, Clio e Sirio, stipate di viveri e munizioni, verso Cefalonia. Avuta notizia della partenza, il comando alleato ordinò perentoriamente di richiamare le navi. In effetti, al momento la Puglia ospitava delle forze aeree alleate, ma nessun aereo alleato affiancò i soldati della Acqui. Dopo diversi giorni di combattimento, esaurite le munizioni per l'artiglieria e disarticolata l'unità dagli attacchi tedeschi, senza nessun appoggio da parte degli alleati (Brindisi, allora nell'Italia occupata dagli alleati dista oltre 300 km da Corfù, 400 da Cefalonia), avendo subito perdite elevate, il generale Gandin, decise di capitolare il 21 settembre. Subito dopo, venne dato il via ad un indiscriminato massacro verso i soldati e ancora di più verso gli ufficiali italiani; non vi è accordo tra le varie fonti, ufficiali e non, sul numero complessivo, ma certo diverse migliaia di soldati italiani persero la vita per aver voluto difendere il loro onore militare ed il giuramento al loro paese al quale si sentivano vincolati. Da allora, il nome della divisione è legato indissolubilmente all'eccidio di Cefalonia da parte dei tedeschi. Anche le truppe stanziate a Corfù comandate dal colonnello Lusignani, che in un primo tempo avevano sopraffatto la guarnigione tedesca, dopo una lunga resistenza (i combattimenti durarono dal 13 al 26 settembre), furono travolte da uno sbarco di rinforzi tedeschi, proprio quando il comando alleato aveva iniziato a contemplare un intervento diretto di truppe inglesi. E anche a Corfù gli ufficiali italiani, dopo la resa, furono oggetto di numerose fucilazioni, in violazione dei diritti dei prigionieri di guerra sanciti dalle convenzioni internazionali. Cefalonia, Argostoli, Capo San Teodoro, con la casetta rossa e l'indicazione del luogo della fucilazione di almeno 129 ufficiali della Divisione Acqui. Archivio Renzo Apollonio. |